• Un vero forte •




Castello di Ali Pasha, Albania, luglio 2016

Quando si viaggia, una delle attività che preferisco è la visita ai castelli dove puoi approfondire l'aspetto storico di una località senza chiudersi in un asettico museo; il castello, per definizione, ha valore per il suo interno, per il suo esterno, ma anche per l'ambiente circostante che deve sorvegliare o dominare.
A volte, però, ho l'impressione che anche i castelli siano stati eccessivamente trasformati e restaurati per scopi didattici e turistici sicuramente con l'effetto di renderli più interessanti per capire la vita di un tempo.










Il problema è proprio questo, si fa un salto nel tempo, ma non si ha l'idea del trascorrere del tempo, dei segni che lascia e di cosa succede quando non si cerca di fermarlo.

In questo castello ho sentito proprio la sensazione del tempo che passa e continua a passare, senza sosta e rallentamenti, lentamente e costantemente.
Sicuramente l'edificio allora era diverso, di certo più vivibile e attrezzato, ma io ora lo vedo esattamente come si potrebbe trovare ora dopo secoli senza essere toccato dall'uomo.




Muri grezzi con le pietre a vista, pavimenti rocciosi e polverosi, un continuo gioco di luci e ombre tra una porta e una finestra, volte e soffitti che si alternano e incastrano, ma soprattutto i suoni e i rumori.
Sì, perché mai come questa volta l'udito è stato particolarmente sollecitato da un edificio storico: il rumore dei propri passi che sottolinea l'incertezza o la decisione di andare avanti, lo stormire del vento che anticipa l'avvicinarsi di un'uscita meglio di quanto possa fare la luce, l'eco ovattato di una voce lontana di cui però non si coglie con chiarezza la provenienza. 

Per questo motivo, pur non amando i video, penso che solo questo strumento può restituire quella sensazione












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