• Sul Bosforo, tra Asia ed Europa •


Istanbul, aprile 2023

Atterro a Istanbul, sponda asiatica. So di essere in un altro continente e, prima di attraversare il Bosforo per raggiungere l'Europa, decido di fermarmi per una passeggiata lungo il porto.

È un momento particolare, siamo quasi al tramonto. La luce del sole è brillante e tagliente, l'aria incredibilmente trasparente. Davanti ai miei occhi c'è un continuo viavai di traghetti e, sullo sfondo, l'imponente stazione di Haydarpaşa. Qui sulla banchina la frenesia della città sembra lontana: c'è solo gente che si gode la brezza e osserva il mare, proprio come quella bambina in piedi sulla panchina, con lo sguardo perso verso l'orizzonte.

Mi godo questa pausa sospesa tra due mondi. Il viaggio è appena iniziato.


Pomeriggio soleggiato al molo di Kadıköy a Istanbul: lunghe ombre sulla pavimentazione, gente che cammina e traghetti ormeggiati sullo sfondo vicino a un edificio storico bianco
Carretto rosso tipico di Istanbul pieno di simit, le tradizionali ciambelle di pane turco ricoperte di sesamo, con persone che passeggiano sullo sfondo


La passeggiata continua e l'energia intorno a me cambia. Se prima era il mare a dominare la scena, ora è l'umanità a prendersi il palcoscenico. La zona del molo è incredibilmente animata: il sole basso allunga le ombre sull'asfalto, disegnando sagome scure che si intrecciano tra loro.

C'è un brusio costante, allegro. Sento la musica di alcuni artisti di strada che si mescola alle risate dei bambini intenti a rincorrersi. Ma è un altro senso a essere richiamato con prepotenza: l'olfatto. Ad ogni angolo vedo i carretti rossi dei venditori ambulanti, vere e proprie istituzioni di queste strade. Le vetrinette sono colme di simit, quelle deliziose ciambelle di pane intrecciato, dorate e croccanti, ricoperte da una pioggia fitta di semi di sesamo. È impossibile resistere; ne compro una e il sapore semplice e fragrante mi accompagna mentre continuo a camminare.

Poco più in là, il ritmo rallenta di nuovo. Noto un piccolo spazio verde, un'oasi ritagliata nel cemento. Sotto l'ombra protettiva di un albero, un gruppo di ragazze con il velo si è ricavato un angolo di intimità. Sono sedute sul prato, chiacchierano sommessamente, cercando di godersi la serata in tranquillità, lontane per un attimo dalla frenesia del porto. È questo che mi colpisce di Istanbul: la sua capacità di far convivere il trambusto vitale con istanti di assoluta pace.

Mastico il mio pane al sesamo, osservo la luce che cambia e mi sento parte di questo flusso continuo.

Gruppo di ragazze sedute sull'erba sotto un albero a Istanbul, che chiacchierano in relax durante un pomeriggio soleggiato vicino a una cabina elettrica


Istanbul mi si rivela subito come una città affascinante e vibrante, densa di cultura e storia a ogni angolo. La vista del Bosforo, che spacca la metropoli tra Asia ed Europa, è uno spettacolo che mi lascia senza fiato. Camminando, capisco perché la cucina di strada qui sia leggenda: è un invito continuo ad assaggiare prelibatezze, tra kebab e mezze. Ma ciò che respiro più forte è la diversità culturale e religiosa: vedo persone di origini differenti condividere gli stessi spazi, in una convivenza pacifica che rende questa città unica.

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